Fender Stu Hamm Urge Bass 1

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Nel lontano 1993 la Fender, sempre propensa ad inventare novità per attrarre un maggior numero di appassionati, decise di dedicare alcuni strumenti a musicisti molto in voga sia a livello tecnico che livello di popolarità.
Il primo esperimento che fece nell'ambito dei bassi elettrici fu proprio il basso in prova, il Fender Stu Hamm urge 1, che spianò la strada a tutte le successive serie signature (e molte raccolsero ben più consensi).
È uno strumento molto particolare, già a prima vista ci si accorge che non è il tipico prodotto di casa Fender, si discosta infatti da tutti i bassi precedentemente prodotti in America per molti particolari.
La configurazione dei pickup è la prima cosa che lascia sconcertati in quanto sullo stesso strumento abbiamo sia lo split del precision che due single-coil del Jazz Bass controllati tutti da un elettronica che non si era mai vista fino a quel momento.
Lo strumento è stato realizzato su specifica delle grandissimo turnista e arrangiatore Stuart Hamm , che ne ha dettato le linee guida in base alle sue esigenze, che evidentemente erano molte.
Abbiamo tanti particolari insoliti in un unico strumento Fender che si rimane un po' smarriti, abbiamo già parlato dei pickup (due jazz più lo split del precision tra i due), tutti passivi, comandati da un elettronica studiata niente meno che da Phil Kubicki appositamente per Stu e Fender che risulta veramente portentosa, il basso è attivo, passivo, con boost e spento nelle regolazioni, ha la possibilità di avere volume separati e toni a seconda del pick up e ovviamente di selezionare gli stessi a seconda delle preferenze.
Il ponte (Ghoto) è abbastanza semplice, di color oro, è in linea con la solita produzione Fender, il battipenna ha una forma molto particolare ed unica nella produzione Fender, stretto da 7 viti ed anche il body è stato ridisegnato per essere più piccolo dei modelli tradizionali e con il taglio idoneo a sfruttare tutta la tastiera fino alla seconda ottava, anche il colore non è nella lista dei classici Fender si tratta di un nero perlato (era venduto in due colori in Italia e 4 colori in USA).
Il manico è straordinariamente sottile e di forma ovalizzata non ha riferimenti sulla tastiera e termina in una paletta in tinta più ridotta rispetto alle solite produzioni Fender e monta delle meccaniche nere in linea della Ghoto e con lo string guide in tinta con la paletta.
Il capotasto è in plastica e l'ulteriore particolarità è la scala 32 (media) con la presenza di due ottave sulla tastiera (24 tasti), il manico è fissato al body con una placca simile a quella dei Deluxe a spalla stondata in acciaio cromato con l'accesso al micro tilt (una regolazione fine del tacco del manico che sinceramente non so se sia veramente presente).
Altra particolarità sono le corde passanti dal corpo (string trought) che dovrebbero portare lo strumento ad avere più sustain e attacco.
Imbracciando il basso si ha immediatamente una sensazione di liberazione, in quanto è veramente una piuma e molto bilanciato, i materiali evidentemente sono stati scelti per risultare comodi anche dopo ore di concerto, ontano per il body, acero per il manico e Pau Ferro per la tastiera, a proposito del manico è qualcosa di mai visto in Fender e denominato ultrafast asymmetrical neck dallo stesso Stewart, velocissimo, sottile con la tastatura jumbo, peccato poteva essere arricchito con dei quadrotti in madreperla per renderlo ancora più particolare.
Il suono fa anche lui la sua parte, è uno dei pochi bassi mai usciti in commercio con una configurazione di pickup tale, ci si può sbizzarrire a trovare suoni, modificarli, dare un taglio di frequenze, non suoni lo puoi mettere in muto senza toccare i volumi, puoi avere la sonorità single coil del jazz bass, del precision, tutti e due insieme e con in più un boost sui medi, renderlo attivo, passivo, corredato da un elettronica di derivazione kubicki che è una garanzia non si poteva pretendere di meglio; è ottimo per suonare jazz con le due ottave facilmente accessibili per il tapping, per lo slap, per gli accordi oltre che per tutti i metodi tradizionali (anche se a plettro si fa fatica visto l' affollamento di pick up), veramente un basso completo di tutto quello che puoi volere.
L'unico problema è che a questo primo modello manca totalmente il family feeling della Fender, infatti è stato un basso che, anche a causa del prezzo elevato, non ha avuto molto successo, era totalmente NON Fender a parte che per la scritta sopra la paletta, ed essendo appunto il primo signature model evidentemente il pubblico non era ancora preparato a "tanta roba".
In conclusione questo strumento è ottimo per musicisti che devono fare tante ore sul palco, oppure per turnisti che suonano un po' di tutto e vogliono girare con un solo strumento, in futuro potrebbe, essendo stata la prima serie signature, diventare importante sul mercato del vintage anche perché non ha avuto una grande diffusione, se vi capita provatelo.

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