Cort artisan A5

 

 

Cort artisan A5

 

http://www.cortguitars.com/au/product/a5-1

 

 

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Il panorama internazionale della produzione degli strumenti diciamo economici si è spostato dal Giappone al Messico, dalla Corea all'Indonesia ed ora è approdato in Cina (si sposterà sicuramente ancora).

All'inizio degli anni zero la nuova frontiera della produzione era proprio la Corea e il nome che faceva tutto per tutti era rappresentato da Cort un super stabilimento (uno dei più grandi a livello mondiale se non di più grande) dove prestigiosi brands di strumenti musicali si facevano produrre preassemblati o strumenti completi.

Già dal 1984 la Cort aveva rilevato la licenza da Ned Steinberger per produrre chitarre headless, alla fine degli anni 80 erano già in produzione con strumenti personalizzati sia come chitarre che come bassi sia acustici che elettrici, ottimi prodotti a prezzi accessibili tanto da sfociare in produzioni tipo Custom Shop per dare lustro al marchio (in edizione limitata).

Abbiamo in prova questo Cort artisan A5 uno dei primi modelli realizzati, del 1990 riconoscibile dal ponte in due pezzi, questo modello risulta abbastanza raro da trovare in quanto all'epoca non era ancora il brand conosciuto a livello mondiale per prodotti di qualità a prezzi interessanti.

Partiamo dal body, struttura neck-through, due bellissime ali in acero quilted massello, il modello nuovo ha solo il top in acero e il resto del body in mogano, che si allacciano ad una parte centrale composta da più strati di acero alternata a wenge (5 in tutto), la scelta dei legni è veramente di prim' ordine e non rispecchia assolutamente il prezzo reale dello strumento, finiture veramente da artigianato (già visto qualcosa di simile sugli strumenti musician di casa Ibanez), verniciatura a lacca.

Disegno semplice e pulito molto filante, abbiamo sul top il ponte in due pezzi (presente solo nella prima versione) incastonato nel body e fissato da due viti, limitrofo al ponte abbiamo subito il primo humbucker e poi il secondo due soap bar della Bartolini gli MK1 (coreani, economici ma validi) e schierati su due file i vari knobs dei controlli, abbiamo equalizzazione a tre bande, selettore p/u e volume generale lo strumento è solo attivo ed alimentato da una batteria da 9 volt.

Abbastanza bilanciato ma anche pesantuccio siamo a 4,65 kg, del resto la scelta dei legni è stata veramente ottimale e si sa, l'acero è pesante ma bellissimo.

Parlando del manico abbiamo la tastiera in palissandro a due ottave, scala 34 con tasti jumbo, intercorda da 12 mm circa, dot in abalone e capotasto in ottone verniciato satinato come tutto il resto dell'hardware da quasi 4,5 cm, la targhetta artisan per identificare lo strumento sta al ventiquattresimo tasto, manico perfettamente tastato, veloce, non vi è una sbavatura, shape molto confortevole, action rasoterra, feeling immediato grazie alle corde che rimangono confortevoli data la bassa tensione, facile da suonare, anche le meccaniche sulla paletta danno una parvenza di prodotto ricercato, non sembrano affatto economiche pur non essendo marchiate.

Il top della paletta è verniciato in nero, regolazione del truss rod ben accessibile, copri truss rod con logo Cort in plastica, uno strumento coi fiocchi.

Essendo il primo modello in assoluto di questa serie, per cui probabilmente capostipite di una produzione che ovviamente nel tempo ha avuto modifiche di varia natura, è solo attivo, la modifica in passivo tramite push pull del volume è avvenuta dopo circa un anno, ma sinceramente, avendo provato anche la versione passiva, senza dubbio avevo pensato che il suono attivo era nettamente migliore, per cui lo avessi dovuto usare non avrei mai switchato, anche perché ho l'elettronica attiva a tre vie alti medi e bassi che ha sia guadagno che taglio di frequenze per cui risulta uno strumento alquanto versatile ed adatto per tutti i generi, suono abbastanza moderno, ma i Bartolini mk1 riescono ad esprimersi grazie anche alla elettronica (non troppo invadente) dedicata in maniera veramente ottima.

Non è un preamplificatore aggressivo, non ha un attacco feroce ma riesce ad avere un guadagno rispetto ad un basso passivo che sinceramente ha un suo perché.

È adatto anche a generi moderni tipo slap e tapping grazie anche alla buona liuteria che permette settaggi molto fini, è adatto al jazz al rock e al blues, diciamo che potrebbe essere uno strumento a 360° abbordabile, grazie al prezzo ottimo, anche dal neofita esigente che non avendo ancora in mente un genere da suonare definito si può sbizzarrire con tante regolazioni.

Il si basso (5° corda) è abbastanza bilanciato ed ha un volume di tutto rispetto, non si sente il calo nell'esecuzione, sustain ottimo, è uno strumento che perdona abbastanza non avendo volume e attacco sparati dalla elettronica.

Visto l'estrema diffusione dei pickups mk1 c'è anche la possibilità di fare upgrade di svariate marche produttrici di pick up ed elettronica per portare l'ottima liuteria a livello di bassi da boutique.

In conclusione ritengo sia un ottimo prodotto difficilmente replicabile come rapporto qualità prezzo l'unica cosa che mi infastidisce è il peso globale per tutto il resto promosso a pieni voti.

Lo strumento veniva fornito di una custodia morbida, le differenze rispetto al modello attuale sono: la scelta dei legni diciamo più ordinaria, elettronica evoluta con la possibilità di avere lo switch attivo passivo, il ponte attuale è Hipshot pezzo unico come le meccaniche su licenza e viene prodotto in Indonesia.

Se ne trovate uno provatelo, tanta resa poca spesa.

 

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